Siamo nella quarta settimana di Quaresima, tempo di riflessione e di preparazione alla Pasqua. Un percorso che ci porta, attraverso il sacrificio, l’umiliazione, la condanna, il martirio, la morte dell’uomo Gesù alla Resurrezione e alla vita nuova.
Durante questo tempo forte, ricorre la Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei Missionari Martiri, di coloro cioè che hanno versato il sangue per la fede, istituita dalla Fondazione Missio fin dal 1993, coincidente con l’assassinio e il martirio di Mons. Oscar Romero Arcivescovo di San Salvador, avvenuto appunto il 24 marzo del 1980.
La Parrocchia Ave Gratia Plena in Piedimonte Matese, in collaborazione con l’Ufficio Missionario, dedica al ricordo del martirio dei tanti Missionari nel mondo due momenti di preghiera:
- il 23 marzo alle ore 18.00 – Adorazione Eucaristica presso il Monastero di San Benedetto e N.S. di Guadalupe
- il 24 marzo alle ore 17.15 – Via Crucis partendo dalla Chiesa di S. Maria del Carmine.
Dalle testimonianze di Agenzia Fides, sono 1263 i missionari uccisi, dal 1980 ad oggi, nelle zone a rischio dei cinque continenti: uomini e donne che hanno vissuto una vita normale, con gioie e dolori, fatiche e speranze e che sono caduti per prestare il loro servizio missionario.
“L’essenza della missione è testimoniare Cristo, vale a dire la sua vita, passione, morte, e risurrezione per amore del Padre e dell’umanità” – come recita Papa Francesco nel suo Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale del 2022.
Senza dubbio è stato “per amore del Padre e dell’umanità” che suor Maria de Coppi ha passato quasi sessant’anni della sua vita in Mozambico, e suor Luisa Dell’Orto vent’anni ad Haiti, dove era arrivata dopo aver vissuto la sua vocazione in Camerun e Madagascar.
Così i due padri gesuiti ottantenni Javier Campos e Joaquín Mora hanno trascorso la loro intera vita sacerdotale nella Sierra Tarahumara, la zona più pericolosa del Messico per la violenza legata al narcotraffico. A questi si affianca il sacrificio di missionari e missionarie più giovani, che hanno condiviso lo stesso spirito e lo stesso impegno di annuncio del Vangelo nei gesti e nelle azioni di ogni giorno.
“Annunciare il Vangelo «è prima di tutto testimonianza dell’incontro personale con Gesù Cristo». Per questo la testimonianza di Cristo è «il primo mezzo dell’evangelizzazione» e «condizione essenziale per la sua efficacia». Lo ha ripetuto Papa Francesco, nel corso dell’Udienza generale di mercoledì 22 marzo, proseguendo il ciclo di catechesi dedicato alla passione di evangelizzare. “La testimonianza – ha proseguito il Vescovo di Roma – comprende anche la «fede professata» e si manifesta soprattutto nel cambiamento che Cristo stesso opera nei suoi testimoni, in coloro che proprio in tale cambiamento rendono testimonianza a Lui … non si manifesta come “prestazione” esibita dai testimoni, ma rappresenta piuttosto un riverbero, un riflesso di un «cammino di santità» che attinge alla sorgente sacramentale del Battesimo, accade anch’esso come «un dono di Dio» e «richiede di essere accolto e fatto fruttificare per noi e per gli altri. Non si può evangelizzare senza testimonianza – ribadisce Papa Francesco. Il mondo ha bisogno di evangelizzatori che parlino di un Dio che essi conoscano e che sia loro familiare. La testimonianza non può prescindere dalla coerenza, da ciò che si crede, ciò che si annuncia e ciò che si vive. Una persona è credibile se ha armonia tra quello che crede e quello che vive.»
Il ricordo e la preghiera per questi missionari, che hanno versato il sangue per la fede, coerenti fino in fondo, ci farà concretizzare sempre di più, durante la Quaresima, l’essenza della vera testimonianza cristiana e ci avvicinerà all’uomo “Cristo”, martire per amore.
L’articolo su Clarus